Il Sogno di Campaldino

 Sceneggiatura illustrata per il Cinema e il Teatro

                di Giovanni Enrico Arrighini

   Associazione Città Infinite - Via delle Conce, 10  - Lucca 55100  CF/P. IVA:  02250360464  - info@ilsognodicampaldino.it

Scena 27
 
 
 
L'Inquadratura precedente è ripresa da dietro una finestra con le sbarre.
Sull'orizzonte ci sono delle ciminere che emettono un denso fumo nero che sale verso il cielo.
Seduto su una poltrona davanti alla finestra c'è un uomo di 60 anni vestito con un completo nero e camicia bianca.
Primo piano dell'uomo che assomiglia al personaggio di Eliseo.
Il campo si allarga a tutta la stanza, una sala biblioteca con soppalchi, tavoli e sedie.
Dalle finestre tutte con le sbarre, entra la luce calda del tramonto.
Nella stanza oltre all'uomo seduto in poltrona c'è soltanto un altro uomo in piedi. L'uomo indossa un camice da infermiere e si trova dall'altra parte vicino alla porta.
L'inquadatura ritorna sull'uomo seduto che guarda fuori, si sente aprire la porta e una voce fuori campo.

 

ilpazienteallafinestra
 
DIRETTORE
Mi lasci solo con il paziente.

INFERMIERE
Certamente, sig. Direttore.


Il Direttore si siede su una sedia del tavolo vicino alla poltrona del paziente 11011972.

Sul tavolo ci sono diversi libri aperti, un cappello da uomo nero e una borsa non molto grande.
 
DIRETTORE
Sono venuto a salutarla,
tra poco verranno a prenderla
e lascerà per sempre questo posto.

Il Paziente, indifferente dalla presenza del Direttore continua a guardare fuori dalla finestra.
Il Sogno di Campaldino disegno di Michele Arrighini 2021 diritti riservati
 
 
PAZIENTE
Guardavo dalla finestra quelle ombre bianche
muoversi come automi sull'erba verde.
I loro occhi,
non riesco a vedere i loro occhi...
Non perchè sono lontano.
Non hanno più luce.
Fanno sempre le stesse cose,
gli stessi gesti,
gli stessi movimenti.
Non sento le parole.
Sono vuote e violente.
Sono vuote e violente...

Primo piano del Direttore che resta impassibile.
Poi il Paziente continua.

 
L'inferno non è solo dietro queste mura,
ma ovunque.
Anche là fuori.
E' un campo di battaglia,
dove ci si abitua alle immagini di morte,
fino a restarne indifferenti.

Tutta l'umanità è chiusa in un manicomio criminale.


Silenzio.
Soggettiva del Direttore che guarda il Paziente sempre voltato verso la finestra con le sbarre in controluce.
Il Direttore prende sul tavolo un libro in versi aperto.

 

Il Sogno di Campaldino disegno di Michele Arrighini 2021 diritti riservati
 
DIRETTORE

Ma Lei che mi ha fatto conoscere Dante,

sa benissimo che non esiste soltanto l'inferno,
che l'uomo puo' raggiungere
la salvezza del Paradiso.

PAZIENTE
Non si esce dalla selva oscura,
si possono intravvedere spiragli di luce,
ma si resta sempre in una selva impenetrabile,
fredda come la morte.
Il Paradiso lo possiamo soltanto sognare.

Il Paziente si volta verso il Direttore e sorride.
Si alza in piedi con alle spalle la luce del tramonto che passa dalle sbarre della finestra.

                                                                                            PAZIENTE
Siamo sicuri che anche Dante
non sia stato rinchiuso?!

Il Direttore sorride e il Paziente comincia ridere più forte.

DIRETTORE
Un altro infermo di mente,
paranoide con mania di grandiosità.

Adesso anche il Direttore ride.
 
PAZIENTE
Non sono riusciti a prenderlo i fiorentini,
lo avrebbero bruciato vivo.
Accusato di baratteria, il sommo poeta.
E anche i figli al rogo!

Continuando a ridere. Pausa di silenzio.
 
DIRETTORE
I poeti non devono essere mai rinchiusi.

Primo piano del Direttore.
 
PAZIENTE
I poeti non devono mettersi in testa di salvare il mondo.
Al massimo,  possono salvare un'altro poeta.

Primo piano del Paziente.
Il Paziente si avvicina al tavolo, prende dalla borsa un piccolo libro rosso e lo porge al Direttore.
Il Direttore si alza in piedi.

PAZIENTE
Mi sono fatto portare un libro
delle mie poesie giovanili,
c'è anche la poesia che le piace tanto,
che conosceva già prima di incontrarmi.

Il Direttore prende il libro e legge la dedica.

DIRETTORE
Francesca non è mai esistita.
Il Sogno di Campaldino disegno di Michele Arrighini 2021 diritti riservati
PAZIENTE

Francesca,

Valentina, o ancora il nome
forse di un bel ragazzo alessandrino,
caro al mercante di Smirne
o a Ser Brunetto.
Francesca...

Come inutili battiti del cuore

i nomi degli amanti svaniscono,

c'illudono d'avere altre occasioni.
E così sempre di poter disporre
di un'altra, di un'ultima possibilità.
Francesca...
Anche per Lei,
un uomo di scienza,
un insigne accademico,
un uomo di successo.
A lasciare tutto lei sarebbe pronto
pur di viverla ancora una passione come quella.
Perchè a diventar monotona,
lo vede, non è solo la nostra vita.
Monotona è soprattutto l'attesa
della nostra unica morte.
E per me tutto finisce oramai
senza nessuna alternativa.

E dove c'è morte,

Winfred,

non può esserci amore.

Perciò i poeti s'inventano le loro storie
per vivere e morire mille volte. *

DIRETTORE
Non esiste una Francesca
che esce dalla notte con i fiori in mano
e non esiste una Francesca
trasportata dall'amore in pieno inferno.

PAZIENTE
E' il sogno di un poeta.
 
DIRETTORE

                                                                          Il sogno di un poeta...
Pausa di silenzio.

Primo piano del Paziente.
 
Il Sogno di Campaldino disegno di Michele Arrighini 2021 diritti riservati
                                                                                    PAZIENTE
Questo pomeriggio
mi sembra di averlo sognato.
Lasciavo l'isola di San Michele,
la casa dei morti dei veneziani.
I cipressi mi salutavano dietro al muro di cinta.
Ero io a portare la gondola sull'acqua della laguna.
Come una volta da giovane
ho di nuovo danzato con il remolungo.
Contro Venezia la luce rossastra dell'alba.
Le ciminiere di Marghera altissime verso il cielo.
Ho visto nere colonne di fumo
salire in alto
                                                       e l'esercito fiorentino pronto a dare battaglia
                                                                        nella piana di Campaldino.


 
L'immagine sfuma in dissolvenza nel primissimo piano degli occhi del Paziente.

 
 
* Il testo è stato rielaborato dal poeta Giuseppe Cordoni; di seguito riportiamo il testo originale dell'autore.
 

"PAZIENTE: Francesca, Valentina, o il nome di un bel ragazzo alessandrino, caro al mercante di Smirne o a Ser Brunetto. Francesca...

I nomi degli amanti svaniscono come inutili battiti del cuore. Illudendoci di poter avere ancora un'altra possibilità. Francesca... Anche per Lei, un uomo di scienza, un insigne accademico, un uomo di successo. Lei sarebbe pronto a lasciare tutto per viverla ancora quella possibilità. Perchè non è solo la nostra vita che diventa monotona, ma è monotona soprattutto l'attesa della nostra unica morte. Tutto finisce per me senza più nessuna possibilità. E dove c'è morte, Winfred, non c'è amore. Per questo i poeti si inventano le loro storie per vivere e morire mille vite".